Rendimenti da Fame, Rischi da Incubo: La Verità sulle Obbligazioni

30 Mar , 2025 - Miti Sulla Finanza

Tutti noi investitori sappiamo a cosa servono le obbligazioni in portafoglio, a diversificare dall’azionario nei momenti di crisi/recessione e più in generale quando le cose vanno male ai mercati, facendo da contrappeso e tendendo quindi a salire di prezzo a causa di un taglio dei tassi della BCE o FED che sia, o così almeno è successo negli ultimi 20 anni.

Oltre a questo servono come porto sicuro per i nostri soldi in periodi incerti della nostra vita o spese previste, insomma un ottimo salvadanaio che ci fa stare tranquilli quando arrivano le catastrofi finanziarie , in primis attutendo il rosso dei mercati ed in secundis garantendoci rendimenti e soldi a scadenza.

Ma sarà davvero tutto rosa e fiori? Scopriamolo insieme…

1. Il Miraggio della Protezione Totale

Il problema principale è che i bond funzionano benissimo finché tutto fila liscio ovvero quando il mercato azionario crolla e le banche centrali si mettono a tagliare i tassi a manetta. Peccato che questo scenario non è la norma. E se i tassi sono già bassi o — come negli ultimi anni — salgono più in fretta di un meme su Twitter?

I bond non solo non ti proteggono più, ma diventano un fardello pesante che affonda insieme al resto.

Come possiamo vedere durante i vari cicli delle obbligazioni, ci sono periodi dove queste correlano tremendamente con l’azionario raggiungendo picchi del 0.65, ovvero muovendosi nello stesso modo del mercato oltre il 65% delle volte in 24 mesi.

Questa correlazione così tanto appassionata tra le due classi d’investimento, vanifica il potere deccorrelante delle obbligazioni, che rende tutto molto più caotico e difficile da capire…

Diamo a Cesare Quel Che È di Cesare

È giusto riconoscerlo: in passato i bond hanno fatto il loro sporco mestiere. Quando il mondo era diverso, i tassi d’interesse erano a livelli più decorosi e le banche centrali avevano davvero margine di manovra. Se l’economia rallentava, zac, tagliavano i tassi e i bond schizzavano su come una Red Bull sotto esame universitario. Se invece l’inflazione saliva, li alzavano e raffreddavano la festa.

Era un gioco dove tutti sapevano le regole e, per quanto crudele, almeno funzionava.

Oggi, però, il Tavolo È Cambiato. E Pure il Croupier È Nervoso.

Con tassi europei al 2,5% e aspettative di tagli ulteriori anche per quelli americani dietro l’angolo, lo spazio di manovra delle banche centrali si è ridotto al minimo sindacale. È come cercare di spegnere un incendio con una pistola ad acqua. Se domani dovesse arrivare una nuova crisi (spoiler: arriverà), quanto potranno realmente tagliare i tassi? E soprattutto: quanto beneficio potrà mai dare ai bond a breve/media scadenza, che già ora rendono quel che possono e poco più?

2. Una Nota Importante Sulle Scadenze e le Valute

Quando parlo di obbligazioni, mi riferisco solo a quelle con scadenza breve (1-3 anni) o al massimo media (5-7 anni). Quelle oltre i 10 anni? Lasciamole ai veggenti e agli scommettitori di cavalli. Non è investimento, è speculazione bella e buona sulla direzione dei tassi. E per quanto possa sembrarti “ovvio” che adesso è il momento giusto, sappi che non sei più furbo del mercato. Se non smetti di pensarlo, prima o poi saranno i tuoi soldi a ricordartelo.

Investire in obbligazioni estere, per un europeo, è un po’ come attraversare l’autostrada bendati sperando di arrivare dall’altra parte illesi. Finché tutto fila liscio e l’euro e il dollaro (o il fiorino ungherese, se vi piacciono le emozioni forti) rimangono più o meno stabili, siete sereni, bevete il vostro caffè e vi vantate della cedola del T-Bond americano. Ma il problema, cari avventurieri del cambio, è che negli ultimi vent’anni le valute si sono fatte delle sbandate tali da far impallidire qualsiasi titolo horror: +20%, -30%, +40% nel giro di pochi anni. Un luna park dove però il biglietto lo pagate voi, e spesso con gli interessi.

Così succede che mentre voi vi illudete di guadagnare un misero 4% annuo su un’obbligazione americana, il cambio vi scippa sotto il naso un 15% in sei mesi, vanificando ogni velleità di investimento ‘sicuro’. E tutto questo per il brivido di andare a pescare obbligazioni dall’altra parte dell’oceano quando avete l’Eurozona qui, sotto casa, dove almeno sapete già da subito quanto vi beccherete — poco, sì, ma almeno senza sorprese di notte.

La verità è che nessuno, né voi né il guru della finanza su YouTube, può prevedere come si muoverà il cambio. E mettersi a giocare con il rischio cambio su obbligazioni — che, ricordiamolo, dovrebbero essere il rifugio sicuro del portafoglio — è un po’ come mettersi il casco per andare a dormire: non serve, ma dà quell’illusione di sicurezza che vi fa dormire peggio.

Morale: se non siete appassionati di roulette russa finanziaria, restate in Europa con le vostre obbligazioni tristi ma tranquille. È noioso? Sì. È prevedibile? Sì. Ma almeno non vi svegliate una mattina scoprendo di aver perso il 20% del capitale solo perché il dollaro ha deciso di andare a farsi una vacanza a Honolulu.

Se i Tassi Sono Zero e i Rischi Restano, Dov’è il Senso?

Man mano che ci avviciniamo ai tassi zero — quei tassi che ci siamo beccati per 20 anni come se fosse normale vivere in un mondo dove i soldi non hanno più prezzo — il rischio è di ritrovarsi di nuovo nella stessa situazione del 2021/2022. Stavolta senza Covid, senza lockdown, ma magari con qualche altro evento straordinario, che tanto la fantasia ai mercati non è mai mancata.

…la decorrelazione, quella mitica parola che ti hanno venduto sul fondo obbligazionario multi-asset bilanciato, semplicemente smette di esistere. Non perché i bond siano diventati cattivi, ma perché l’architettura stessa del mercato non permette più di usare le stesse leve di una volta.

In parole povere: se domani il mercato azionario crolla e i tassi sono già bassi, le obbligazioni non ti salvano. O meglio, non lo fanno come una volta. E potresti ritrovarti con l’ennesima diversificazione da barzelletta, dove “diversificato” significa solo che stai perdendo soldi su asset diversi contemporaneamente.

Ed ecco puntuale il solito genio del quartiere che ti propone di buttarti sui bond a lunghissima scadenza, 20-30 anni o addirittura quelli da “ci vediamo alla prossima era glaciale”, per goderti — parole loro — quel boost in più di rendimento quando i tassi cominceranno a scendere. Perché sì, il ragionamento è sempre quello: più lunga la scadenza, più il prezzo del bond schizza quando i tassi scendono. Peccato che, superata una certa durata, questi titoli non si muovano più come i bond “normali”. A un certo punto smettono di guardare ai tassi di oggi o di domani e iniziano a farsi i fatti loro, seguendo le aspettative ultraterrene sui tassi d’interesse di lungo periodo. E un piccolo taglio della Fed non li smuove manco di mezzo punto.

E poi, ciliegina sulla torta: se sei arrivato tu a fare questo ragionamento… sappi che il mercato lo ha fatto sei mesi fa. E no, non ti sta aspettando col prosecco e il buffet. Anzi, il treno è già deragliato da un pezzo e tu stai cercando di montare sul vagone di coda, mentre i macchinisti discutono su chi chiamare per rimuovere i rottami.

E infatti, guarda un po’, i bond USA a 20+ anni? In pieno bagno di sangue. Il famoso bond australiano al 2120? Profondo rosso, manco fosse un film di Dario Argento. E tutto questo nonostante l’inflazione stia finalmente mostrando segni di resa e i tassi siano stati limati qua e là. Ma niente, il mercato ha già prezzato tutto, più volte, e ha pure fatto gli straordinari.

Bond australiani 2120 in rosso di oltre il 70%… fa male al cuore, eh. È quel genere di grafico che non guardi più, lo lasci lì a prendere polvere nel portafoglio sperando che un giorno, per qualche miracolo finanziario o intervento divino della Reserve Bank australiana, torni almeno a respirare. Ma niente, resta lì, come il cugino sfigato che nessuno vuole invitare a Natale.

In Europa? Stessa minestra, ma con scadenze più corte quindi l’agonia è stata meno spettacolare, ma il sangue è comunque scivolato sui grafici. Da oltre 5 anni in perdita nominale, e se ci metti l’inflazione sopra la media di questi ultimi periodi, il risultato è stato un massacro degno di una serie tv.

Euro 3/5 anni

Euro 10/15+ anni

Morale della favola? Le obbligazioni sono strumenti utilissimi, certo. Ma solo se sai bene quando e come usarle.

3. Obbligazioni Emergenti e High Yield: Il Brivido del Rischio Travestito da Diversificazione

La soluzione proposta dai cultori del portafoglio bilanciato? Aggiungere obbligazioni più rischiose o bond esteri, perché — cito — “così diversifichi meglio”. Certo. È un po’ come spegnere un incendio buttandoci sopra benzina di diversa provenienza geografica. Puoi scegliere tra benzina americana, europea o asiatica, ma alla fine il salotto brucia comunque.

Il problema è matematico e psicologico insieme: Quando i bond a breve scadenza ed a “rischio zero”, vanno male, tutto il resto fa solo che peggio, e più rischi prendi nelle obbligazioni, più questa correlazione peggiora. Internazionalizzare? Idem. Ormai i mercati sono globalizzati e i bond esteri ballano al ritmo delle stesse banche centrali.

La verità è che più vai a cercare rendimento obbligazionario, più ti stai avvicinando di soppiatto al mercato azionario, con i suoi stessi rischi, ma spesso senza i suoi stessi potenziali rendimenti a lungo termine.

Tradotto: sono azioni con il vestito da bond. Appena il mercato si gira, crollano pure loro.

Partiamo da un dato di fatto: anche guardando a 5 anni, le correlazioni tra obbligazioni e mercato azionario rimangono sorprendentemente alte. Dai Treasury agli High Yield, più rendimento cerchi con i bond, più il loro andamento finisce per incollarsi a quello delle azioni. Gli High Yield, ad esempio, si muovono insieme al mercato l’83% delle volte. Il che è un problema se quello che ti serve è un asset che salga quando l’altro scende, o almeno che faccia finta di andarci contro.

E se pensi che allungando i tempi cambi qualcosa, sappi che pure a 30 anni le decorrelazioni non sono stabili come ci raccontano nei webinar motivazionali sui mercati.

Ma se ti venisse mai la grande idea di tenere in portafoglio obbligazioni per così tanto tempo, c’è un problemino di cui prima o poi dovrai occuparti. Un problema che — sorpresa! — le azioni non avranno mai davvero. Hai capito qual è?
È quella maledetta, insidiosa, subdola beach dell’inflazione, mio caro investitore.

Quella bestiaccia invisibile che ogni anno si mangia silenziosamente il valore reale dei tuoi soldi e che — diciamolo — non puoi combattere con le obbligazioni, se non in modo parziale, inefficace e a scadenze troppo lunghe per essere rilevanti.
Le azioni e la diversificazione rimangono le uniche vere armi che abbiamo contro questo nemico invisibile e infame.

Purtroppo, non possiamo dire lo stesso per i bond.
Se ci mettiamo a guardare i rendimenti dei Treasury americani negli ultimi 150 anni, il quadro è chiaro: quello che abbiamo appena attraversato tra 2021 e 2022 è stato il peggior momento della storia obbligazionaria americana. Punto.
In tutto questo tempo, i Treasury avevano sempre fatto il loro sporco lavoro da bravi soldatini della finanza, limitando i crolli al massimo al -20% in situazioni estreme.
Roba dolorosa, sì, ma tutto sommato gestibile.

Tutto fila liscio, finché qualcuno non preme quel maledetto tastino in alto.
E in un attimo, il grafico che fino a ieri sembrava rassicurante e in discesa controllata, prende tutta un’altra forma.

Da linea sinuosa a caduta libera. Da flessione gestibile a bagno di sangue.
E lì capisci che le belle teorie sui bond “sicuri”, le curve dei rendimenti, le duration e i decimali di Sharpe ratio valgono quanto il due di picche a briscola.

Basta una mossa di politica monetaria o un cambio di aspettative per trasformare anni di rendimenti accumulati in una voragine in bilancio.
E il peggio? Lo capisci solo quando è già successo.

Perché finché non premono quel tasto, è tutto un gioco di grafici rassicuranti e consulenti ottimisti.
Dopo, è solo gente che si guarda intorno chiedendo: “Ma come è possibile?!”

Queste sono le cose che difficilmente ti raccontano nei salottini finanziari profumati di PowerPoint: 50 anni di rendimenti a zero e un bel -70% dai massimi, durato più di 30 anni, sulle obbligazioni del paese più potente e influente della storia. No, non della Grecia o dell’Argentina — degli Stati Uniti d’America.

Se questo grafico non ti fa fermare un attimo, respirare forte e riconsiderare quanto sia davvero “sicuro” il mondo obbligazionario, allora francamente non so cosa altro dirti. A confronto, il misero -51% che si beccano oggi certi ETF obbligazionari sembra una passeggiata di salute. Una scampagnata domenicale con panini al prosciutto e fiasco di vino.

Certo, tempi con inflazione al 15% non li rivedremo mai più per una generazione intera — su questo ti do ragione. Ma il punto è un altro: qualcuno doveva pur dirlo. Perché di gente che riempie i portafogli della qualunque con quintali di obbligazioni inutili ce n’è fin troppa. Consulenti compresi. Tutti convinti di avere trovato l’elisir di decorrelazione eterna. E invece, prima o poi, quella roba ti esploderà in faccia come una pentola a pressione dimenticata sul fuoco.

4. Ma allora perché diavolo usiamo le obbligazioni?

Domanda sacrosanta. E la risposta non è “per guadagnarci qualcosa” o per fare i fighi in riunione sfoggiando un bello Sharpe ratio che tanto nessuno capisce davvero. No. Le obbligazioni servono solo a una cosa: ridurre il rischio.
A farti dormire la notte quando il mondo prende fuoco, a farti evitare di vendere tutto e mollare la borsa per aprire un agriturismo a coltivare zucchine bio.

È proprio in quei momenti — crisi finanziarie, guerre, pandemie, bolle che scoppiano, presidenti che twittano come indemoniati — che chi riesce a stare fermo e non vendere fa i veri soldi. Gli altri? Gli altri faranno i filosofi con frasi tipo “eh ma io lo sapevo che sarebbe andata così” guardando i grafici a posteriori, ma purtroppo col senno di poi siamo tutti bravi.

Essere umili è l’unico vero superpotere dell’investitore. Sapere che le mazzate arriveranno, che i giorni rossi faranno male, e accettare che non li puoi prevedere. Ma se hai un po’ di obbligazioni nel cassetto, anche solo per farti da airbag quando finirai giù per il burrone, magari atterri col sedere meno ammaccato.

Ecco perché oggi più che mai bisogna essere onesti: le obbligazioni servono, ma vanno ridimensionate. Sono ancora utili? Sì, ma nel ruolo di cuscinetto, di tappabuchi di emergenza, di paracadute logoro. Pensare di costruirci sopra la protezione del capitale è come usare un ombrello rotto in un uragano.

Conclusioni

In sostanza tra rendimenti reali negativi, che esistono e possono durare decenni. La tanto amata decorrelazione? Presente a intermittenza, tipo quei cugini che ti chiedono soldi solo quando sono nei guai. E alla lunga, il costo opportunità di non essere esposto a rischio azionario “guadagnando milioni”, ti mangeranno dentro, tra rimpianti e “se avessi fatto così ora…”

Ma alla fine la vera domanda è: tu resisteresti davvero a un -50% di portafoglio?
Spoiler: tutti dicono di sì, pochissimi ci riescono davvero.

Quindi sì, meglio dormire sereni guadagnando un po’ meno, che vivere col cuore a mille e l’infarto dietro l’angolo. Alla fine, le obbligazioni non fanno miracoli e non ti arricchiranno. Ma se ti aiutano a restare investito e non fare cavolate nei momenti peggiori, hanno fatto il loro sporco ma fondamentale lavoro.

E fidati, per realizzare i tuoi sogni non servono performance da copertina, ma solo una quantità disumana di costanza, pazienza e una sana, profonda, spietata umiltà.


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